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Lettera al “prototipo” del Collega Illustrissimo

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Lettera al “prototipo” del Collega Illustrissimo

 

Vermeer donna che scrive una lettera
Vermeer donna che scrive una lettera

Illustrissimo e mai troppo Stimato Collega,

Perdonami se ancora una volta mi rivolgo a te cin questa lettera e occupo un po’ del tuo tempo, ma da quando ci siamo incontrati in poi sono successe tante cose.  Lo so che non è facile per te trovare del tempo da dedicarmi e non ti sto chiedendo di dedicarmi del tempo, sono io che penso che potresti dedicarmi del tempo e leggere con attenzione quello che ti sto per dire. Comunque sia che tu legga o no questa mia per me non ha molta importanza, lo sto facendo per me.

Scrivere una lettera o un libro mi ha sempre portato chiarezza.

 Non pretendo che tu comprenda come mi sentivo quando sono venuta nel tuo studio, del resto come mi hai più volte ripetuto durante il nostro incontro, tu non sei empatico. “L’unica cosa che m’interessa è fare ecografie” hai affermato.
 Ok va bene! L’avevo capito vedendoti, ma se permetti un consiglio queste sono cose che, anche se vere, lasciamo un po’ perplessi.

Dovresti tenerle per te perché danno adito a varie congetture.

La principale è che tu sia affetto da un un disturbo antisociale di personalitàcon tutti gli annessi e connessi; frustrazione, umiliazione, ira, noia, depressione, ecc.
Secondo me non è un gran biglietto da visita. sia perché non è rassicurante sia perché fa sorgere delle domande tipo: “Ma perché cavolo fa il medico? Non gli era chiaro, quando studiava che il suo target erano gli esseri umani? “
Ah già, scusa, la carriera non è male!
Parafrasando Allen Ginsberg,( sicuramente chi l’ha detto non aveva mai letto Urlo) sei stato definito “una delle menti più brillanti della nostra generazione”.
Ciò dà da pensare, perché ci si figura gli stolti.

 Ora… io lo so che sono un medico di serie B, che non ha mai fatto carriera ma solo delle scelte.

Come mi è stato detto dall’esimio collega caposaldo dell’aritmologica; “Io faccio cose che non servono a un cazzo!
È questa affermazione deve essere vera perché come di recente ha ribadito un insigne collega: “Io sono una che non ha capito un cazzo!” 
Beh! Sì è vero io non salvo vite, non infilo cateteri nelle cuore, non asporto tumori, non recido arti.
Chi sono io che m’ illudo di curare con il tocco e le parole? Nessuno!
A meno che… non si sia nella condizione di non riuscire a prendersi in mano il membro per espletare le tue normali funzioni fisiologiche, allora una come me, (che non ti garantisce una eccellente masturbazione ma una vita dignitosa) può essere utile.
Di certo sono io che sbaglio. Meglio “curare”che “insegnare”a gestire la vita di tutti i giorni.
Si deve lavorare in ambulatori e ospedali mica a scuola.
Quando quel qualcunoha passato la soglia dello studio… affari suoi!

Gentilissimo  collega scusami per il linguaggio usato poc’anzi.

Anche a me il turpiloquio da molto fastidio, soprattutto se ne sono oggetto.
In ogni caso non sono stata io a cominciare, ho solo citato quello che con cotanto garbo mi è stato proferito
Sai?… Mi sto convincendo che in ambito sanitario ci siamo dei grossi problemi cognitivo comportamentali.  
Forse la maggior parte degli operatori del settore è affetta da un disturbo della comunicazione?
Una qualche sindrome rara, non ancora classifica, a cui non è stato ancora dato un nome.
Non so… forse un miscuglio tra un deficit iperattivo dell’attenzionee un qualche tipo diafasia “globale”sia recettiva che espressiva,con allabase lacompulsione ossessivodelirante di guarire ogni patologia.
Sto esagerando?  Di certo si, ma sai a certe domande, affermazioni e comportamenti il dubbio ti viene.

Proviamo a fare un po’ di ricerca e diagnosi insieme, ti va?

Per esempio, secondo te, quale parte della frase:
“Paziente affetto da patologia congenita
Non è chiara?
 Quale recondita associazione logica fa domandare:
 “Ma lei da quanto tempo è in questa condizione?”
Non trovi che è come chiedere a un pesce: “Da quanto tempo nuoti?”o a un uccello: “Quando ti sono spuntate le ali?” 

Oppure che cosa non è chiaro dell’affermazione:

“Voglio sapere esattamente come si gestisce questa situazione!”
Perdonami se ho avuto l’ardire di avanzare una simile richiesta.
 Come ti avevo raccontato, memore di precedenti esperienze, in cui si era deciso per una cosa e poi sono stata costretta a farne un’altra ( Non perché ci siano state delle nuove evidenze diagnostiche o il trattamento deciso fosse inappropriato), ma perché una Wonder Woman aveva deciso che era meglio per me.

Mi sembrava giustificato chiedere, scusami! 

Sono certa che sia tu, come lei “mi avete tratto come una sorella”e avete deciso per il meglio.
Ma… meglio per chi esattamente? Per me?…  O per gli eventuali sovvenzionamenti del paziente in piùche all’azienda fanno tanto comodo? Vorrei ricordare che il consenso informatonon è solo un foglio da far firmare per pararsi le terga.

 Devi essere sicuro che chi ti sta di fronte abbia capito che cosa succede.

 Il soggetto deve essere libero di scegliere.
Questo non una mia vaneggiante fantasia, lo afferma

  • L’articolo 5 della Legge n. 219 del 22 dicembre 2017,
  • Gli articoli 2-13-32 della Costituzione,
  • la Carta Dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

 Mi sembra… forse che qualcosa del genere lo dica anche l’articolo 3 di quel pdf che si può scaricare nel sito di ogni Ordine, correggimi se sbaglio, sono incerta su cosa sia…credo… si chiami Codice Deontologico?… o qualcosa del genere.
Queste sono cose da denuncia! Che per la cronaca gli addetti al settore sanitario non possono fare, perché come mi spiegò, al tempo, l’avvocato avendo una laurea in Medicina e Chirurgia sei tenuto a sapere e in tribunale sarebbe stata una débâcle.
Stare male non è una giustificazione, devi rifiutarti e cambiare ospedale.

Nel gergo corrente si dice esercitare il libero arbitrio, vero?

Se qualcuno decide che ciò che è proposto non fa al caso suo, non è un attacco personale, non sta dicendo che che sei un’incapace, sta solo facendo una scelta
Risentirsi per questo fa pensare a un disturbo narcisistico della personalità. Io personalmente, in maniere certamente erronea per certi standard, con le persone mi dilungo a spiegare.

Ma non per pararmi le terga!

Ma perché mi rifiuto di trattare le persone come stupidi oggetti,dato che prima di stare davanti a un lettino ci sono stata sopra.
Perché sono consapevole che certe cose possono essere solo gestite, giacché ho coscienza che nessuno guarisce nessuno e posso solo creare le condizioni affinché il sistema-persona si riprenda.
Ma soprattutto perché non è importante quello che faccio e penso io, ma è fondamentale quello che fa e che pensa la persona che ho difronte.
È da lei che dipende vita, morte, guarigione.
Lo so queste sono cose da medico di seconda scelta, ma sai com’è, io alla mia onesta intellettuale ci tengo.

Comunque si sa quelle sopra citate sono leggi! Vanno interpretate, sicuramente ho capito male.

Capisco che per te mettersi nei panni dell’altro è irrealizzabile, ma ti ringrazio comunque per le tue capacità e competenze e ti voglio fare una confidenza. Quando io sono uscita dal tuo studio e sono andata a casa ero così rincuorata che  mi sono iscritta Exit

Sto divagando è vero? Scusa  continuiamo con questa lettera

Stavamo facendo diagnosi quindi continuiamo con la nostra ricerca di evidenze.  
Dimmi tu, cosa deve pensare un umano, quando dopo più di un mese da una visita, senza avere né notizie né informazioni, fa notare (magari con veemenza ammettiamolo ) il disturbo afasicoalla persona a cui, senza avviso, è stato demandato il suo trattamento e questa dichiara:“Ma a noi queste cose non le insegnano!”
Magari non si ha la prontezza di domandare “Ma tu quando hai scelto la facoltà eri consapevole di dover avere a che fare con persone malate, spaventate ed emotivamente fragili?  Quando ti sei accorta di questa tua carenza comunicativa hai fatto qualcosa per migliorarti o sono io la prima persona che ti fa notare questo tuo limite?”
 Per la nostra ricerca sarebbero state interessanti le risposte.

Della medicina si può dire di tutto tranne che sia una scienza esatta, giusto?

 Come scrive Rosario Magrì in Sul mondo, Sulle malattie

Il medico non ha il senso delle proporzioni

 Forse ha ragione soprattutto per quanto riguarda la terapia.
Io non capisco come mai in una patologia in cui una complicanza è l’ipertensione portale venga suggerito un farmaco epatotossico o come mai un farmaco che viene somministrato ai maschi adulti sani, previo elettrocardiogramma, venga suggerito a una persona a cui si cerca di evitare lo scompenso cardiaco… proprio non me lo spiego.
Ma sai. io sono in medico andante, come ribadito dai colleghi, non ho né la scienza né la conoscenza per giudicare.

Però sono curiosa.

Lo sapevi che facendo un po’ di ricerche scopri degli interessanti review con tutte le linee guida?
Magari, scopri che  quello che ti viene proposto  si trova  nei protocolli di persone  la cui condizione clinica  non può essere definita ne stabile e soddisfacente.
Che sia il sintomo della compulsione ossessiva?

 Comunque nel 2017 ho letto un articolo apparso sul British Medical Journal

 dal titolo Conflict of interest among Italian medical oncologists: a national survey

 Quell’articolo diceva che su 321 intervistati (il 13% dei medici oncologi di ruolo italiani)

  • Il 62% ha dichiarato di aver ricevuto pagamenti diretti dall’industria farmaceutica negli ultimi 3 anni.
  • Il 61% riteneva che la maggior parte degli oncologi italiani abbia un conflitto d’interesse con l’industria farmaceutica
  • Il 59%, (questo è certamente rassicurante) supponeva che questo conflitto non era superiore a quello di altre specialità.
  • L’82% riteneva che la maggior parte dell’istruzione oncologica è supportata dall’industria farmaceutica.
  • Il 75% riteneva opportuno beneficiare dei bonus di viaggio e alloggio dall’industria farmaceutica.
  • Il 60% accettava di ricevere un pagamento personale per i pazienti arruolati negli studi di settore, fortunatamente, il 79% affermava che questo dovrebbe essere riportato nel consenso informato.

 Che dire… che Rosario Magrì avesse ragione quando scriveva

La maggior parte dei medici costruisce edifici di parole per nascondervi la propria ignoranza e i propri interessi “

 Questo sarebbe molto triste!

Ma forse il punto è un altro…

Il punto è che bisognerebbe avere la chiara coscienza che quando si opera si diventa un custode e una risorsa per chi si rivolge a noi.
Non bisognerebbe pensare (nella migliore delle ipotesi)
“Io sconfiggerò il demone che stai affrontando “


Se si cerca di “curare e salvare” il proprio assistito si sta implicitamente dicendo

Tu sei la vittima continua ad esserlo. Io ho bisogno di una vittima da salvare perché il mio ego stia bene, lo sto facendo principalmente per me, non per te
Il nostro compito non è quello di essere “l’ Eroe” del viaggio di qualcun altro ma di essere un buon custode e una risorsa.
Se non siamo dei custodi e delle risorse tra noi e un addetto a una catena di montaggio (si fa sempre per dire) non c’è nessuna differenza abbiamo solo competenze diverse.
Io nel mio piccolo mondo mi rifiuto di essere una vittima e come di medico di serie B insegno alle persone a non esserlo.
Voglio essere una risorsa, Io non imporrò mai la mia mappa del mondo a qualcuno.

Per me non sarà mai una questione di con me o contro di me, io non combatterò mai per la mia verità e la mia giustizia (si fa sempre per dire).

La vita e la salute sono equilibri, ce lo insegna l’allostasi, Io voglio essere il custode di questo equilibrio.
Questa è la medicina che pratico, questa è la medicina che mi piace, questa è la medicina che voglio.

Mi sono dilungata parecchio questa lettera  ma nella speranza che tu perdoni la mia prolissità

Ti  Auguro Tempi Interessanti e ti lascio i miei più Cordiali Saluti

 Un medico di serie B

 

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