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Chirurgia Estetica: Tra Liberazione Individuale e Standard Patriarcali

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Chirurgia Estetica: Tra Liberazione Individuale e Standard Patriarcali

Nel mentre il cervello delle nostre adolescenti e preadolescenti viene tritato dalla Mattel, al ritmo di “Life in plastic is fantastic”, su Netflix impazza la serie “Mask Girl”
“Mask Girl” è molto più di una semplice serie televisiva. È un viaggio intricato e audace attraverso le intricanti sfaccettature della bellezza femminile, della violenza, e della chirurgia plastica nell’era digitale
Nel mondo contemporaneo, i concetti di bellezza femminile, violenza e chirurgia plastica sono temi dibattuti con fervore e passione.

Questi argomenti, profondamente intrecciati tra loro, riflettono le sfide e le complessità della società moderna.
“Mask Girl”, una serie che ci immerge in un turbine di emozioni, riflessioni sociali. In particolare, di come la percezione della bellezza femminile possa condizionare profondamente la vita di una persona, come la violenza si intrecci con il desiderio e la devozione, e come la chirurgia plastica possa diventare una sorta di cura per i mali dell’anima.

Attraverso le trasformazioni della protagonista Momi, dal cigno all’anatroccolo, dall’outsider al simbolo di bellezza, seguiremo un percorso di crescita e cambiamento che getta una luce cruda sulla società moderna e le sue ossessioni. Una storia che scava nelle pieghe della psiche umana, esaminando la lotta per l’identità e l’accettazione in un mondo che spesso giudica in base all’apparenza.

Dalla superficialità dei social media alle relazioni complesse e spesso disturbanti, “Mask Girl” ci costringe a riflettere su chi siamo veramente e su come percepiamo la bellezza, la violenza e la perfezione.
“Mask Girl” su Netflix si distingue come una delle serie più incisive dell’anno, indagando in modo profondo e provocatorio la complessa relazione tra la bellezza e la società contemporanea.

Questa narrazione si sviluppa attraverso la storia di Mo-mi, una ballerina dotata di un corpo eccezionale e un notevole talento, che si trova a confrontarsi con il rifiuto del mondo dello spettacolo a causa di una percezione estetica divergente dai canoni tradizionali.

Tuttavia, prima di esplorare questa storia in dettaglio, è fondamentale porre una premessa. “Mask Girl,” inizialmente concepita come una satira pungente della cultura dell’immagine contemporanea, evolve progressivamente per affrontare temi più oscuri legati ai social media e all’industria del porno online. Successivamente, la trama si trasforma radicalmente, passando da una critica sociale a un film di vendetta con una prospettiva femminile, e infine culminando in una toccante riflessione sulla maternità, la redenzione e, nuovamente, sull’indifferenza della società.

Nonostante “Mask Girl” sia una produzione coreana, va sottolineato che si discosta nettamente dal tradizionale format dei k-drama, evitando stereotipi e toni convenzionali. Invece, richiama l’atmosfera intensa dei dramma scandinavi e i misteri avvincenti dei thriller giapponesi, offrendo uno sguardo che può risultare stimolante ma anche emotivamente impegnativo per lo spettatore.

Per comprendere appieno questa narrazione, facciamo un passo indietro. “Mask Girl” si dipana come la storia di Momi, una bambina che fin da piccola amava ballare, cantare e mettersi in mostra. Era una bambina graziosa e affascinante, motivo di vanto per sua madre, una madre single benestante ma emotivamente distante. Momi aveva proiettato il suo futuro sotto i riflettori, ma crescendo, si trasforma in una giovane donna alta e slanciata, il cui volto è considerato “non conforme” agli stereotipi di bellezza predominanti in Corea.

Il cambiamento drastico nell’atteggiamento degli altri verso di lei, a seguito di questa trasformazione da “cigno” a “brutto anatroccolo”, lascia un’impronta indelebile sulla sua psiche, causando una profonda ferita e spingendola verso un’introversione obbediente.

Questo processo di trasformazione scardina la sua personalità, privandola della vivacità e dell’apertura che la caratterizzavano nell’infanzia, e la costringe a conformarsi a un modello di comportamento conformista e sottomesso.
Momi cresce affrontando critiche sulla sua immagine non è gradita agli altri e deve sopportare commenti spiacevoli e cyberbullismo a causa del suo aspetto. Tuttavia, cerca di gestire questa situazione senza rancore.

Nel frattempo, ammira una collega che, grazie al suo fascino personale, riesce a ottenere opportunità professionali interagendo con i colleghi in ufficio.

Nonostante le difficoltà, Momi conserva la sua intraprendenza, ambizione e desiderio di realizzarsi sia personalmente che professionalmente. In un momento di ribellione contro le limitazioni che le sono state imposte, Momi decide di intraprendere una nuova strada. Acquista una maschera e inizia a condividere il suo talento su una piattaforma di intrattenimento online, dove viene supportata dai suoi seguaci con complimenti e sostegno finanziario.

Questi estimatori riconoscono e apprezzano il suo talento, celebrando la sua autenticità in un mondo spesso influenzato da ideali di bellezza irrealistici.

Tra i suoi sostenitori più devoti, si trova un individuo affetto da timidezza, che, nonostante le sue insicurezze, trova ispirazione nell’arte di Momi. Questa persona conduce una vita da impiegato succube e insignificante , che cerca di superare le sfide quotidiane. attraverso il Porno Online.

Dopo un tentativo di stupro, che la porta ad uccidere per difesa il timido impiegato, Momi ricorre alla chirurgia estetica .

Questo trasporta Momi in una nuova fase della sua vita, in cui la sua bellezza viene finalmente riconosciuta da tutti, senza filtri o barriere digitali.
Da qui l’intreccio con la storia della madre dell’ impiegato legato al mondo del porno, la cui ossessione la spinge a cercare la donna che ritiene responsabile d all’allontanamento e della morte del figlio, da qui la vendetta della donna che solo le donne sanno attuare contro le altre donne .

La serie “Mask Girl” è da guardare?

Questa è una domanda che potrebbe non avere una risposta semplice. Tuttavia, ciò che è certo è che questa serie offre un’opportunità unica di riflettere su temi complessi come la chirurgia estetica e la violenza tra donne.
Iniziamo con un’analisi della chirurgia estetica in Sud Corea .

I sudcoreani hanno investito notevoli risorse nell’innovazione e nello sviluppo dell’industria della bellezza del paese. Questo ha attratto persone da tutto il mondo in Corea del Sud per sottoporsi a procedure mediche, con un significativo impatto sulle dinamiche socio-economiche del paese. Questo progresso ha portato a etichettare la Corea del Sud come la “capitale mondiale della chirurgia plastica”. Sono disponibili numerosi video e articoli online che trattano questo argomento.

Il mercato della chirurgia plastica in Corea del Sud è in costante crescita.

Tra il 2018 e il 2022, ha raggiunto un valore di circa 1,95 miliardi di dollari, e si prevede che continuerà a crescere, con una previsione di un tasso di crescita annuale composto del 13,2% nel periodo 2023-2028. Questa crescita è alimentata dagli sviluppi tecnologici nel campo della chirurgia estetica e dall’alto standard di bellezza conosciuto come K-beauty. La Corea del Sud è celebre come la “capitale mondiale della chirurgia plastica”, con il più alto tasso pro capite di interventi di chirurgia estetica al mondo. La diffusione di Internet e dei social media ha ampliato l’accessibilità alla chirurgia estetica e ha stimolato la ricerca in questo settore.

La tecnologia medica avanzata e l’aumento del numero di chirurghi plastici qualificati hanno contribuito a ridurre i rischi associati alla chirurgia plastica. Alcuni dei trattamenti più richiesti includono il lifting, la blefaroplastica (chirurgia delle palpebre), la chirurgia della mascella e la rinoplastica (rimodellamento del naso).

Questi interventi sono guidati dalla continua ricerca e dalla crescente accettazione della chirurgia plastica in Corea del Sud, dove si eseguono il maggior numero di trattamenti cosmetici pro capite al mondo.
Il fenomeno K-beauty ha rivoluzionato il settore della cura della pelle, rendendo la Corea del Sud una fonte di ispirazione per i consumatori di tutto il mondo. Questo interesse per la chirurgia plastica è profondamente legato all’immagine corporea, all’autostima e a fattori psicologici. Settori come l’industria dell’intrattenimento, la musica, il mondo della moda e l’aerospaziale impongono specifici standard di bellezza coreani ai candidati alle posizioni di lavoro. Ad esempio, le compagnie aeree possono richiedere requisiti specifici in termini di altezza, carnagione e corporatura per le assistenti di volo, e i candidati con tatuaggi, piercing o cicatrici possono essere rifiutati, spingendo molte persone a ricorrere alla chirurgia plastica.

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Queste industrie svolgono un ruolo significativo nell’impulsare la crescita del mercato della chirurgia plastica.

L’influenza della cultura coreana, espressa attraverso il K-pop e il K-drama, ha avuto un impatto globale. Le persone in tutto il mondo sono state motivate a cercare interventi di chirurgia plastica per migliorare la loro bellezza, e programmi televisivi dedicati alla trasformazione attraverso la chirurgia plastica coreana sono trasmessi in tutto il mondo. L’accesso esteso a Internet e l’ampia diffusione dei social media hanno ulteriormente alimentato questa crescita del mercato della chirurgia plastica, tanto che le cliniche Sud- Coreane organizzano viaggi  per stranieri .

 A Seoul, la capitale globale della bellezza, i chirurghi offrono sconti sulle procedure persino ai neolaureati e agli studenti delle scuole superiori per prepararli al mondo del lavoro. In Corea del Sud, i curriculum spesso richiedono ai candidati di includere una foto personale, insieme alle informazioni sul peso e l’altezza.

Secondo un sondaggio condotto da Gallup Korea nel 2020, circa un terzo delle donne coreane tra i 19 e i 39 anni ha subito qualche tipo di intervento di chirurgia estetica. Sorprendentemente, il 66% di loro ha dichiarato che lo farebbe per migliorare le loro opportunità matrimoniali. Inoltre, un sondaggio condotto nel 2007 dal marchio Dove ha rivelato che una madre su quattro in Corea consigliava alle figlie tra i 12 e i 16 anni di considerare l’opzione di sottoporsi a interventi chirurgici.

Perché c’è questa ossessione?

Il discorso è complesso e affonda le sue radici in fattori storici e culturali, che risiedono anche nelle tradizioni dell’Asia orientale

La Cina, ad esempio,  come una delle civiltà più antiche al mondo, aveva già sviluppato i suoi standard di bellezza molto prima dell’era delle esplorazioni europee, quando gli occidentali iniziarono a colonizzare e imporre le proprie idee altrove.

Nell’Asia orientale, le donne spesso sono soggette a uno standard che enfatizza giovinezza, dolcezza e innocenza.

Un elemento chiave dell’industria della bellezza in questa regione è la dimensione degli occhi. Gli occhi più ampi sono considerati più attraenti poiché richiamano l’immagine di cuccioli di mammiferi, associati alla grazia. Le doppie palpebre, che creano l’illusione di occhi più grandi, hanno portato all’incremento della chirurgia delle palpebre in Asia.

In Corea, ad esempio, molte donne coreane cercano la “chirurgia estetica aegyo-sal,” che mira a creare piccoli depositi di grasso sotto gli occhi per apparire più giovani.

L’ideale di bellezza nell’Asia orientale, che enfatizza occhi grandi e giovinezza, non è una semplice imitazione degli standard occidentali. . La parola “kawaii” in Giappone descrive qualcosa di carino e simile a un bambino, e molte persone credono che l’attrazione per le cose “kawaii” sia radicata nell’istinto umano di protezione. Tuttavia, ciò è anche dovuto al fatto che l’aspetto “kawaii” attira l’attenzione, rende più attenti ed ha un effetto calmante sugli altri, contribuendo al collegamento tra bellezza e successo nell’Asia orientale.

Un altro ideale di bellezza è l’avere una pelle chiara, un’eredità della storia aristocratica in nazioni come il Giappone e la Cina. Storicamente, avere la pelle scura era associato a una classe sociale meno privilegiata, poiché indicava il lavoro nei campi.

In Corea del Sud, la chirurgia plastica non è socialmente stigmatizzata ed è ampiamente accettata. Talmente diffusa da diventare quasi una pratica normale, persino celebrata durante la laurea. Inoltre, esistono applicazioni specifiche che consentono di selezionare l’ospedale per interventi di chirurgia plastica. Per dare un esempio, il quartiere Gangnam è noto per essere una delle mete più popolari per chi cerca tali interventi, tanto che è nata l’espressione “Gangnam Unnie”, che si riferisce alle donne coreane che hanno subito numerosi interventi di chirurgia plastica.

 Infatti , Secondo uno studio dal titolo “Credenze e tendenze della chirurgia estetica tra i giovani adulti sudcoreani”, l’aspetto esteriore è considerato un elemento cruciale per il successo professionale e le relazioni personali. I rigidi standard di bellezza coreani e l’effetto negativo della “cultura del look” spingono molte persone in Corea del Sud a ricorrere a vari tipi di interventi chirurgici per migliorare il proprio aspetto fisico.

In Corea del Sud, l’incessante bombardamento di immagini, pubblicità e commenti che costantemente mettono in dubbio la tua bellezza fisica può avere un impatto mentale significativo. Questa costante esposizione può condurre a interiorizzare questi messaggi e a considerarli come verità indiscutibili. Spinti da questa pressione sociale, molte persone sviluppano un forte desiderio di conformarsi agli standard di bellezza predominanti e sono disposte a fare qualsiasi cosa pur di apparire attraenti.
I rigidi canoni di bellezza coreani possono comportare effetti negativi significativi sul benessere delle persone. È innegabile che le celebrità e gli idol del K-pop siano ammirati per il loro aspetto, e abbiano l’opportunità di rappresentare la bellezza coreana su scala internazionale attraverso riviste e sfilate di moda.

Tuttavia, è importante riconoscere che questi ideali estetici pongono una pesante pressione su molti coreani, specialmente le generazioni più giovani.

Uno degli effetti più evidenti è il fenomeno del “lookismo”, che si traduce nella discriminazione delle persone considerate poco attraenti. Giudicare le persone in base all’aspetto fisico può danneggiare gravemente l’autostima e avere conseguenze gravi sulla salute mentale, come depressione e odio verso se stessi.

Molte persone, spinte dalla pressione sociale, cercano di migliorare il loro aspetto fisico seguendo diete estreme o dedicando un’enorme quantità di tempo al trucco. Purtroppo, alcune sono addirittura spinte a sottoporsi a rischiose operazioni di chirurgia plastica.

Secondo uno studio, le motivazioni comuni che spingono i sudcoreani a sottoporsi alla chirurgia plastica includono l’insoddisfazione personale riguardo all’aspetto fisico, l’influenza dei genitori e delle altre persone, nonché le considerazioni legate alla carriera professionale. È importante sottolineare che ognuno ha le proprie ragioni personali per intraprendere questo percorso, e pertanto non dovremmo giudicare chi fa questa scelta.
In Corea del Sud, l’industria della chirurgia plastica è diventata così vasta che è diventata pressoché inevitabile per alcune persone, specialmente se hanno le risorse finanziarie per farlo. Giudicare gli altri in base all’aspetto fisico non porta benefici, né migliora la nostra stessa immagine. L’essenziale è che ognuno sia felice e si senta a proprio agio nell’esprimere se stesso

In Corea del Sud, comunque ,  la bellezza è molto più di una semplice apparenza. È considerata una responsabilità sociale.

“Rispettare un certo standard di bellezza è visto come una forma di cortesia,” spiega Hu, femminista coreana  “Se una persona sceglie di sottoporsi a un intervento di chirurgia estetica per migliorare il proprio aspetto, non sta solo cercando di apparire più attraente, ma dimostra anche rispetto verso gli altri membri della sua comunità.”
Il governo sottolinea questa idea mantenendo bassi i prezzi dei prodotti e dei trattamenti di bellezza, e persino offrendo procedure cosmetiche gratuite ai rifugiati nordcoreani che cercano di integrarsi nella società sudcoreana. Tuttavia, mentre questo “consumo di cura di sé” può rappresentare un passo verso l’emancipazione per alcune persone, permettendo loro di superare barriere di classe, può anche avere conseguenze negative.

Come afferma Hu, “Quando sottolinei che il tuo aspetto è modificabile e che puoi migliorarlo, finisci per essere giudicato negativamente se non fai nulla al riguardo. Questo può diventare estremamente pericoloso.”

 Vediamo insitesi queli sono questi standard di bellezza abbracciano una serie di caratteristiche, ognuna con il suo significato e influenza sulla società.

Ecco un elenco di questi criteri:

  1. Viso Piccolo:

    In molte nazioni asiatiche, inclusa la Corea del Sud, un viso piccolo è considerato attraente poiché si ritiene che faccia sembrare gli occhi più grandi.

  2. Viso a Forma di V:

  3. Questo standard richiede mascelle poco pronunciate e un mento appuntito, spesso ottenuti tramite interventi di rimodellamento delle ossa facciali.
  4. Pelle Chiara e Impeccabile

    La preferenza per una carnagione bianca come la porcellana ha radici antiche e ha legami con la classe sociale.

  5. Naso Piccolo a Punta:

    Un naso sottile e appuntito è considerato sofisticato e desiderabile, di solito ottenuto tramite la rinoplastica o la ricostruzione del naso.

  6. Aspetto Giovane e Innocente:

    Caratterizzato da occhi grandi, spesso chiamati “occhi da cerbiatta,” questo aspetto si ottiene attraverso la chirurgia delle doppie palpebre o l’iniezione di grasso sotto gli occhi.

  7. Sopracciglia Dritte:

    A differenza dell’Occidente, in Corea del Sud, le sopracciglia dritte sono preferite, contribuendo a un aspetto giovane e innocente.

  8. Labbra Carnose:

    Oggi, le labbra piene e a forma di cuore sono considerate ammirevoli, con il labbro inferiore più pieno di quello superiore.

  9. Denti Allineati:

    La presenza di denti dritti è un altro standard di bellezza seguito dai coreani, spesso ottenuti attraverso l’uso di apparecchi ortodontici da giovani.

  10. Corpo Snello:

    A differenza degli standard occidentali che prediligono corpi sinuosi, in Corea del Sud si preferiscono figure snelle, con molte celebrità e idol del K-pop che seguono diete rigorose e sottopongono a interventi chirurgici.

  11. Gambe Lunghe:

    Le gambe dovrebbero essere più lunghe della parte superiore del corpo,

  12. Spazio tra le Cosce:

    Uno standard più recente è lo spazio tra le cosce, spesso ottenuto attraverso esercizi o interventi chirurgici.

Certamente, potreste pensare che questo sia un fenomeno che si verifica solo in Corea del Sud.

Tuttavia, è importante ricordare che anche nelle società occidentali non siamo immuni all’attrazione della chirurgia estetica. Anzi, in molti casi, ne facciamo un uso diffuso.

Forse, rispetto a molte società orientali , ci siamo posti più domande in merito. Abbiamo spesso etichettato questa pratica in vari modi: talvolta come un atto di liberazione individuale, altre volte come qualcosa da respingere completamente. Senza dubbio, il problema esiste anche nel contesto occidentale.

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La chirurgia estetica  in occidente si è affermata sempre di più come pratica diffusa ed accessibile.

Ora, molte di queste procedure possono essere eseguite in regime ambulatoriale, risultando meno costose rispetto al passato. Questo ha portato al fatto che un numero crescente di persone sta considerando la chirurgia estetica come una soluzione praticabile e culturalmente accettabile per affrontare l’insoddisfazione legata al proprio corpo.

In passato, la chirurgia estetica era vista come un tentativo straordinario di adeguarsi agli standard normativi di bellezza e femminilità, spesso considerato come qualcosa riservato a persone ricche e famose. Tuttavia, oggi l’industria della chirurgia estetica promuove un’idea diversa: sostiene che uomini e donne di ogni età e estrazione sociale stiano apportando miglioramenti a se stessi attraverso queste procedure. Implicitamente, viene suggerito che tutti dovrebbero desiderare un “cambiamento per il meglio” e che la chirurgia estetica sia il modo migliore per ottenerlo.

Sebbene la chirurgia plastica, che riguarda procedure ricostruttive per correggere difetti fisici causati da incidenti o anomalie congenite, abbia una storia lunga, è solo dopo la Prima e la Seconda Guerra Mondiale che ha guadagnato rispetto all’interno della professione medica e della cultura  occidentale.

Durante questi conflitti, il ripristino dell’aspetto fisico dei veterani ustionati e deturpati divenne cruciale per la loro reintegrazione nella società. Questo ha portato a miglioramenti nelle tecniche chirurgiche e allo sviluppo di nuove procedure ricostruttive.

Entro la metà del XX secolo, la chirurgia estetica, che utilizzava le stesse tecniche della chirurgia plastica per migliorare l’aspetto di individui altrimenti sani, ha ottenuto approvazione, soprattutto grazie agli sforzi dei chirurghi plastici affermati che cercavano di allontanare il campo da ciarlatani e dottori della bellezza che avevano operato con pratiche non regolamentate nel corso del XX secolo.

La chirurgia estetica è stata sempre più associata alla “tradizione di auto-miglioramento” e ad una nuova comprensione della malattia.

È importante notare che l’ascesa della chirurgia estetica non è stata solamente una questione di avanzamenti tecnologici e di nuove procedure. Ha anche comportato un cambiamento nelle narrazioni culturali condivise riguardo all’invecchiamento, alla salute e alla bellezza. Queste nuove concezioni culturali hanno contribuito a giustificare e accettare sempre di più la pratica della chirurgia estetica nel corso del XX secolo.

Nel corso del ventesimo secolo, concetti come “grandi nasi”, “seni piccoli” e “rughe di tutte le dimensioni” venivano semplicemente accettati come parte naturale della vita.

Sottoporsi a un intervento di chirurgia estetica, se fosse stato possibile, veniva considerato un segno di debolezza e suscettibilità alle tendenze superficiali della moda e della bellezza.

Tuttavia, gradualmente, la cultura consumistica occidentale ha iniziato a associare sempre più la bellezza non al carattere, ma alla “personalità”. Questo nuovo modello ha trasformato il corpo in una proiezione della propria “personalità” nel mondo. Questo cambio di prospettiva ha portato a due concetti diversi del corpo.

Nella prima opinione il corpo era visto come un fatto oggettivo, una cosa con cui dovevamo convivere, in breve, un dato di fatto. Nella seconda opinione, il corpo divenne il riflesso ed l’espressione di un sé malleabile. Un bel corpo divenne qualcosa da guadagnare attraverso impegno, sacrifici come modifiche alimentari e adozione di abitudini più sane e persino interventi dolorosi.

Questo era considerato un impegno adottato solo dalle “personalità” più ambiziose, resilienti e creative.

La personalità e il corpo divennero interconnessi in un unico “progetto identitario”. Al contrario, un corpo considerato “brutto” indicava una sorta di compiacenza, mancanza di motivazione e una resistenza al progresso.Una volta che esiste una soluzione medica a un “problema”, diventa meno accettabile avere questo problema.

È un fenomeno evidente nella società moderna.

  Si è Passati  da  persone disabili  in cerca di un rimedio a donne insoddisfatte dell’aspetto del loro corpo. Questa evoluzione riflette una crescente preoccupazione per la normalità nella nostra società.

Tuttavia, ciò solleva una questione fondamentale: perché la chirurgia estetica è diventata una pratica sempre più appropriata e accettabile per le donne, mentr ha avuto  un minor  impatto sugli uomini?

Questo interrogativo ha attirato l’attenzione delle femministe, che hanno cercato spiegazioni basate su concetti di femminilità e mascolinità.

Alcune teorie suggeriscono che le procedure di chirurgia estetica siano state sviluppate per migliorare la femminilità standardizata, il che ha naturalmente attirato un pubblico prevalentemente femminile. D’altro canto, altri esperti suggeriscono che l’insoddisfazione fisica, spesso precedente all’intervento chirurgico, sia una questione considerata prevalentemente femminile. In altre parole, mentre è socialmente accettabile per una donna essere insoddisfatta del proprio corpo, lo stesso non si applicherebbe a un uomo eterosessuale, secondo questa prospettiva.

Queste spiegazioni sollevano interrogativi importanti sul rapporto tra chirurgia estetica, femminilità e mascolinità nella società contemporanea

Vorrei mettere in evidenza che i corpi femminili sono diventati, in un certo senso, il terreno principale per interventi chirurgici, mentre i corpi maschili generalmente non lo sono. Questo rende l’ascesa della chirurgia estetica un fenomeno intrinsecamente legato al genere

Una questione sollevata dalle femministe riguarda la depoliticizzazione della chirurgia estetica e la presentazione comune di questa pratica come risultato di una scelta autonoma e informata, anziché come un sintomo di costrizioni sociali e oppressione.

Questa preoccupazione emerge attraverso la critica femminista delle varie pratiche e costituisce un punto centrale di dibattito tra le femministe che mettono in luce l’importanza delle disuguaglianze strutturali e coloro che cercano di includere le voci emarginate. L’industria della chirurgia estetica e i suoi sostenitori tendono a ritrarre le donne che scelgono interventi chirurgici come individui informati e, di conseguenza, attribuiscono la responsabilità di questa pratica (che può essere pericolosa e costosa) a chi la cerca, spostandola lontano da chi la fornisce. In questo modo, la chirurgia estetica sembra rispondere a una domanda preesistente.

Sembra che questa spiegazione non consideri adeguatamente come la stessa esistenza di opzioni chirurgiche possa effettivamente stimolare la domanda per questa pratica.

Qui, le persone vengono considerate come razionali e in grado di prendere decisioni informate in modo indipendente, come se fossero completamente libere da influenze esterne. La chirurgia estetica viene anche presentata come una “tecnologia neutra”, ideale per modellare il corpo in base alle preferenze personali di ognuno.

Le femministe interessate alla chirurgia estetica tendono in gran parte a non accettare questa spiegazione della relazione tra la domanda di chirurgia estetica e la sua disponibilità. Sostengono piuttosto che la formazione delle nostre “preferenze personali” non possa essere completamente separata dalle esperienze di oppressione patrialcare.

Pertanto, sottoporsi a trattamenti cosmetici non essebbe una scelta completamente autonoma.

Il femminismo della “scelta”, se non attentamente considerato, può cadere in una trappola dannosa. Può ignorare i molteplici modi in cui le donne sono influenzate da fattori esterni come l’attenzione maschile e gli standard di bellezza occidentali, e finire per rinforzare gli stessi standard patriarcali che il femminismo cerca di sfidare.

Nella prospettiva del femminismo della scelta, una donna che decide di sottoporsi a un intervento di chirurgia estetica sembra stia esercitando il suo potere: sta prendendo il controllo della sua espressione di sé e sta “correggendo” i tratti fisici che le causano disagio.

Ma questa visione trascura il problema sottostante che ha portato alla normalizzazione della chirurgia estetica. Il problema può essere riassunto in una parola : “aggiustare”. Quando qualcuno sceglie di sottoporsi a un intervento di chirurgia estetica per “aggiustare” un aspetto fisico, implicitamente si ammette che c’è un “problema” intrinseco che richiede correzione.

Questa percezione di sé non si sviluppa casualmente ma è il risultato di influenze esterne.

Queste influenze sono radicate nella visione maschile patriarcale e riflettono ciò che la società in generale ritiene che una donna debba apparire per essere considerata attraente o desiderabile. Quando qualcuno decide di sottoporsi a un intervento di chirurgia estetica, sta effettivamente concedendo più potere a queste stesse istituzioni, sia all’esterno che all’interno di sé.

Descrivere questa scelta come “responsabilizzante” significa ignorare l’esistenza di questo ciclo e chiudere la porta a una più profonda esplorazione della socializzazione patriarcale che sta alla base della decisione di una donna di modificare la sua apparenza. È notevole notare che nella stragrande maggioranza dei casi di chirurgia estetica, il risultato finale è sorprendentemente simile, con tutti che cercano di emulare uno stereotipo comune di donna ideale. Tutti questi tratti condividono una caratteristica comune: una somiglianza con gli standard  occidentali  di bellezza.

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La questione della chirurgia estetica solleva interrogativi complessi. Dobbiamo davvero condannare chi sceglie di sottoporsi a questa pratica per migliorare il proprio aspetto? O forse possiamo considerare che esistono scopi e approcci diversi a questa pratica?

È interessante considerare l’uso della chirurgia estetica non solo come un mezzo per adeguarsi a standard di bellezza predefiniti, ma anche come uno strumento di espressione personale. L’artista francese Orlan rappresenta un esempio straordinario di come la chirurgia plastica possa essere utilizzata per sfidare le norme tradizionali di bellezza e provocare una riflessione più profonda sulla percezione del corpo.

Orlan, con il suo coraggioso lavoro, si è impegnata a ribaltare la pressione sociale esercitata sul corpo delle donne. Ha sottolineato come l’arte debba, a suo parere, suscitare un impatto significativo e sfidare le convenzioni per giustificare la sua esistenza.

Per Orlan, la chirurgia plastica non è un semplice ritocco estetico, ma un mezzo per esplorare il sublime e il grottesco, sfidando il concetto di bellezza tradizionale e abbracciando l’eccentricità umana.

Il suo lavoro è una fusione di stravaganza e esotismo, che prende ispirazione da varie culture non occidentali, come le donne giraffa Ndebele dello Zimbabwe, le donne persiane Mangbetu e i rituali di morte dei monarchi olmechi. Attraverso la chirurgia e il trucco, Orlan cerca di trasformare il suo corpo per assomigliare a queste rappresentazioni di bellezza non convenzionale.

La sua presentazione multimediale, che copre quattro decenni di lavoro, offre una prospettiva affascinante sulla sua evoluzione artistica. Partendo da semplici pose di nudo in bianco e nero, arriva alle dettagliate performance in cui si sottopone a interventi di chirurgia plastica.

In definitiva, l’arte di Orlan ci invita a riconsiderare la chirurgia estetica non solo come una conformità ai canoni di bellezza esistenti, ma come un potente mezzo di espressione personale e di sfida alle norme sociali. Il suo lavoro audace rimane un’importante provocazione per le convenzioni della bellezza e della perfezione estetica.

 

 Ma forse sfidare gli standard culturali può essere pericoloso  esempio ne sia SaraH Tabal

Sahar Tabar è diventata famosa su Instagram per le sue foto che somigliavano ad Angelina Jolie e alla sposa cadavere , ma ha rivelato la sua vera identità dopo essere stata rilasciata dal carcere. Il suo vero nome è Fatemeh Khishvand, nata il 16 giugno 2001 a Teheran. Aveva 486.000 follower su Instagram e ha cercato la fama sin da bambina. Nel 2019, è stata arrestata per le sue immagini distorte e condannata a 10 anni di carcere nel dicembre 2020, accusata di corruzione di giovani e mancanza di rispetto per la Repubblica islamica. È stata anche accusata di blasfemia, incitamento alla violenza e guadagno illecito.

Dopo il suo arresto, molte persone hanno chiesto il suo rilascio sui social media, compresa un’appello a Angelina Jolie da parte dell’attivista Masih Alinejad. Sahar Tabar è stata rilasciata all’inizio di questo mese dopo aver trascorso 14 mesi in prigione, durante un periodo di proteste diffuse innescate dalla morte di Mahsa Amini

 

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Mahsa Amini,  o Zina o Jîna Emînî,  è deceduta il 16 settembre 2022 a Teheran. Era stata arrestata il 13 settembre 2022 dalla polizia religiosa nella capitale iraniana mentre si trovava in vacanza con la sua famiglia. L’arresto è avvenuto a causa della sua mancata osservanza della legge sull’obbligo del velo, in vigore dal 1981 , che riguarda tutte le donne nel Paese, residenti o straniere.

Dopo essere stata fermata per aver indossato l’hijab in modo  troppo allentato, è stata portata in una stazione di polizia.

Purtroppo, Mahsa è deceduta in circostanze sospettedopo tre giorni di coma, suscitando l’indignazione dell’opinione pubblica.La giovane presentava ferite che indicavano un pestaggio, nonostante le dichiarazioni della polizia sostenessero che fosse morta per un infarto. Testimoni oculari hanno confermato che era stata picchiata e aveva battuto la testa, causando un’emorragia cerebrale.

La morte di Mahsa Amini è diventata un simbolo della difficile condizione delle donne e della violenza perpetrata contro di loro sotto la Repubblica islamica dell’Iran.

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