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Tedros e gli altri -1 - fernandagrossi.altervista.org
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Tedros e gli altri -1

Tedros Adhanom Ghebreyesus

Contenuti

 

Tedros Adhanom Ghebreyesus direttore generale  dell’OMS 

Tedros Adhanom Ghebreyesus
Tedros Adhanom Ghebreyesus e Xi Jinping

 

Educazione e Formazione Accademica del l’attuale direttore generale dell’OMS

Tedros Adhanom Ghebreyesus, laureato in biologia nel 1986 presso l’Università di Asmara, ha ulteriormente sviluppato la sua formazione accademica.

Va notato che Tedros segue la religione cristiana ortodossa.

Nel 1986, Tedros entrò a far parte del team ministeriale della Salute come analista, contribuendo alle attività del ministero nel contesto dell’Etiopia sotto il regime del Derg. Una giunta militare di orientamento marxista-leninista che nel 1974 aveva destituito Haile Selassie, l’ultimo Negus dell’Etiopia imperiale,Tuttavia, il peggioramento delle condizioni politiche e sociali durante   la dittatura  del  famigerato, e condannato per genenocidio, dittatore Mengistu Haile Mariam spinse Tedros a cercare opportunità più sicure per sviluppare la sua formazione e la sua carriera.

Tuttavia, il peggioramento delle condizioni politiche e sociali durante il regime autoritario del dittatore Mengistu Haile Mariam spinse Tedros a cercare opportunità più sicure per sviluppare la sua formazione e la sua carriera.

Di conseguenza, nel tentativo di garantire il proprio futuro e le proprie prospettive, Tedros intraprese studi a Londra, lasciando l’Etiopia in cerca di una migliore formazione e opportunità all’estero.

Nel 1992 ha conseguito una laurea specialistica in Immunologia delle Malattie Infettive presso la Scuola di Igiene e delle Malattie Tropicali dell’Università di Londra. Nel 2000, ha completato il suo dottorato di ricerca presso l’Università di Nottingham, focalizzando la sua ricerca sull’impatto delle dighe sulla diffusione della malaria nella regione etiope del Tigrè. Grazie a questi sforzi, ha guadagnato riconoscimento internazionale per le sue ricerche sulla malaria.

 
 
 
 

Tigrè

Tedros ;Ministro della Salute dell’Etiopia

Dal 2005 al 2012, ha ricoperto la posizione di Ministro della Salute dell’Etiopia. Durante il suo mandato, ha introdotto riforme innovative che hanno notevolmente migliorato l’accesso ai servizi sanitari nel paese. Queste riforme hanno incluso l’assunzione e la formazione di circa 40.000 donne nell’ambito della sanità, nonché un aumento delle assunzioni di ostetriche e professionisti altamente qualificati. Uno dei risultati più significativi è stato il notevole calo della mortalità infantile nel paese, che è scesa da 123 morti per ogni 1000 nati nel 2006 a 88 nel 2011.

L’impegno Globale: Presidente del Fondo Globale per la Salute

Nel luglio del 2009, Tedros è stato eletto Presidente del Fondo Globale per la lotta all’AIDS, la tubercolosi e la malaria, una posizione di grande responsabilità nella sfera della salute globale. Nel 2012, ha assunto il ruolo di Ministro degli Affari Esteri dell’Etiopia sotto la presidenza di Haile-marian Desalegn, mantenendo questa posizione per quattro anni fino al 2016.

Tedros Adhanom Ghebreyesus; Ministro degli Affari Esteri e Controversie

Durante questo periodo, sono emerse controversie riguardo alla sua gestione, inclusa una repressione nei confronti dei giornalisti e degli oppositori del governo.

Un episodio notevole è stato il suo coinvolgimento nella deportazione di dissidenti etiopi rifugiati dallo Yemen, tra cui un cittadino britannico, Andy Tsege, che è stato condannato a morte. Tsege è stato successivamente liberato grazie alle pressioni del governo britannico. Tuttavia, nell’ultimo anno del suo mandato da ministro, si sono verificate violente proteste di massa, con una risposta da parte della polizia che ha portato a numerose morti e migliaia di arresti. Questi eventi hanno suscitato critiche da parte di organizzazioni come Human Rights Watch, che ha denunciato gli eccidi di massa al Parlamento Europeo. Tedros Ghebreyesus ha contestato queste accuse, negando il numero di morti e sostenendo che la polizia fosse disarmata.

 Critiche e Nomina all’OMS: Direttore Generale

Infine, il 23 maggio 2017, l’Assemblea mondiale della sanità lo ha eletto direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, un incarico di grande rilevanza nel panorama della salute global

La nomina di Tedros Adhanom Ghebreyesus come direttore generale dell’OMS ha scatenato un’ampia gamma di critiche e polemiche. Nel mese di aprile del 2020, l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato la sua intenzione di “rivalutare” il finanziamento statunitense all’OMS.

Questo atto è stato motivato dalla percezione di una risposta poco efficace da parte dell’OMS alla pandemia del nuovo coronavirus e dalle preoccupazioni riguardo ai legami  di Tedros con la Cina, luogo di origine del virus.

Sebbene i finanziamenti statunitensi all’OMS superino notevolmente quelli forniti dalla Cina, riportando una differenza di oltre dieci volte, è evidente che Pechino eserciti una maggiore influenza all’interno dell’organizzazione delle Nazioni Unite.

Vi sono cinque aspetti preoccupanti da sottolineare riguardo all’individuo al timone dell’OMS durante questa pandemia di coronavirus.

Contestazioni politiche e ancora critiche

  • Tedros ha aiutato Pechino a nascondere la gravità dell’epidemia cinese di coronavirus,

    L’azione di Tedros nel contesto dell’epidemia cinese di coronavirus ha sollevato preoccupazioni riguardo alla trasparenza e alla comunicazione accurata. Il 14 gennaio del 2920, diversi mesi dopo che si crede sia stato individuato il primo caso di virus in Cina il 17 novembre del 2019, l’OMS ha diffuso attraverso Twitter una dichiarazione cinese che suggeriva “mancanza di prove chiare di trasmissione da uomo a uomo”. Questo, nel frattempo, mentre l’epidemia stava sfuggendo al controllo. È degno di nota che il tweet dell’OMS sia stato pubblicato un giorno prima che il primo caso giungesse negli Stati Uniti, come riportato, proveniente da Wuhan e atterrato nello stato di Washington. Tale sequenza di eventi ha sollevato interrogativi sul ruolo dell’OMS nell’informare accuratamente e tempestivamente la comunità internazionale durante le prime fasi della pandemia.

  • Tedros non è un medico

    Il direttore dell’OMS ha ottenuto un dottorato in filosofia in salute comunitaria dall’Università di Nottingham nel Regno Unito, oltre a un master in immunologia delle malattie infettive dall’Università di Londra. Va notato che, nonostante questa formazione, Tedros non possiede un esperienza medica formale. È interessante rilevare che la Cina ha supportato la sua elezione a capo dell’OMS nel 2017, nonostante la mancanza di una formazione medica, sollevando così interrogativi sulla motivazione di questa scelta e sul suo impatto sulle decisioni sanitarie globali

  • Il direttore dell’OMS è un membro del  Fronte di liberazione del popolo tigrino di sinistra (TPLF)

    In quanto membro del potente e influente partito politico comunista etiope conosciuto come Tigrayan People’s Liberation Front (TPLF), Tedros ha sviluppato la sua carriera durante il periodo di regime autocratico dell’Etiopia, ricoprendo incarichi significativi come ministro della salute (2005-2012) e degli affari esteri (2012-2016).Analisti esperti, compresi funzionari governativi statunitensi secondo quanto riportato, hanno incluso il TPLF nell’elenco del Global Terrorism Database. Questo legame pone in evidenza interrogativi riguardo alle sue associazioni politiche e alla sua capacità di guidare un’organizzazione internazionale come l’OMS in modo equo ed efficiente.Nel contesto dell’ascesa al potere nel 1991, il TPLF ha svolto un ruolo di primo piano nel rovesciare il regime militare dell’Etiopia sotto il dittatore Col. Mengistu Haile Mariam. In passato, il TPLF è stato coinvolto anche nella crisi della carestia degli anni ’80 in Etiopia, e pochi anni dopo ha lanciato una ribellione prolungata contro il governo militare nel 1975. Segnalazioni indicano che il partito è stato associato a serie violazioni dei diritti umani. Questa storia suscita preoccupazioni sulla capacità di Tedros di condurre l’OMS con l’obiettivo di promuovere la salute e il benessere globale in modo imparziale e basato su evidenze.

  • Tedros ha aiutato a indebitare l’Etiopia con la Cina

    Durante il periodo in cui Tedros ricopriva l’incarico di ministro degli Esteri (2012-2016), l’Etiopia ha assunto prestiti significativi dalla Cina, superando i 13 miliardi di dollari.

    Un editoriale pubblicato a metà marzo dal sito Hill evidenziava con attenzione i legami tra la Cina e l’Etiopia, che ora viene spesso definita la “Piccola Cina” dell’Africa orientale in quanto funge da piattaforma per l’influenza cinese sul continente e rappresenta un nodo cruciale nell’ambito dell’iniziativa cinese della “Belt and Road”. È indiscutibile che la Cina abbia effettuato ingenti investimenti nell’Etiopia, consolidando il ruolo di quest’ultima nell’ambito delle dinamiche cino-africane.

    In questo contesto, è rilevante notare che, in risposta alle sfide economiche legate alla minaccia del coronavirus, il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha richiesto una riduzione immediata del debito alla comunità internazionale. È innegabile che la Cina abbia acquisito una posizione di primaria importanza come partner commerciale principale dell’Etiopia, grazie anche agli investimenti effettuati da Pechino nel paese africano durante il periodo in cui Tedros ricopriva la carica di ministro degli Esteri. Questi sviluppi economici sollevano interrogativi riguardo alle implicazioni e alle dinamiche delle relazioni internazionali tra l’Etiopia, la Cina e il ruolo di Tedros all’interno dell’OMS.

  • Tedros ha nominato Robert Mugabe “ambasciatore di buona volontà” dell’OMS,

    Nell’ottobre del 2017, Tedros ha suscitato un acceso dibattito nominando Robert Mugabe come “ambasciatore di buona volontà” per contribuire alla lotta contro le malattie non trasmissibili in Africa. Questa mossa ha scatenato indignazione tra professionisti medici e gruppi per i diritti umani. In quel momento, il New York Times ha riflettuto sul fatto che, sebbene il ruolo di ambasciatore di buona volontà abbia principalmente un significato simbolico, i gruppi per i diritti umani erano fortemente critici nei confronti di questa scelta. Essi hanno sottolineato che affidare questo ruolo a un individuo la cui leadership è stata associata al declino del sistema sanitario e a gravi violazioni dei diritti umani nello Zimbabwe era un simbolismo problematico e controverso.

    Infine, sotto la pressione delle critiche e delle preoccupazioni sollevate da diverse parti, Tedros ha revocato la sua decisione di nominare Mugabe come “ambasciatore di buona volontà”. Questo episodio mette in evidenza come la scelta delle figure da coinvolgere in ruoli simbolici all’interno dell’OMS possa avere conseguenze significative e può essere oggetto di intenso dibattito e valutazione da parte della comunità internazionale e dei difensori dei diritti umani.

Ruolo politico Tedros

Quste critiche provengono tutte dall Amministrazione Trump , e il direttore dell’OMS ha difeso le azioni delle organizzazioni internazionali in risposta all’epidemia virale, respingendo le critiche avanzate da Trump. È emersa una controversia  secondo cui  la nazione di Taiwan avrebbe apparentemente avviato una campagna di insulti razzisti nei  confronti  di Tedros, tuttavia, questa affermazione è stata fatta senza essere accompagnata da prove concrete, suscitando ulteriori dubbi sulla sua validità.

 

Complessità Globale e Coinvolgimento di Tedros Adhanom Ghebreyesus

Senza dubbio, molti dei nomi e degli eventi menzionati potrebbero non essere familiari alla maggior parte delle persone, ma costituiscono un riflesso visibile di complesse sfide globali che si svolgono sul palcoscenico mondiale.
Questi fatti rappresentano la superficie visibile di un confronto tra superpotenze che coinvolge il mondo intero, e di cui non solo siamo spettatori, ma anche attori indiretti. Comprendere appieno le dinamiche sottostanti richiede uno sforzo prolungato e un’analisi dettagliata che non può essere esaurita in un unico articolo.
Tuttavia, considerando che Tedros Adhanom Ghebreyesus proviene dal Corno d’Africa, una regione che ha visto l’interesse storico e contemporaneo dell’Italia, è opportuno intraprendere un viaggio all’indietro nel tempo per gettare le basi di una prospettiva più chiara sul presente.

Il Corno d’Africa è stato da sempre un crocevia di culture, scambi commerciali e interesse geopolitico.

Gli italiani hanno avuto un ruolo storico nella regione, e comprendere questa storia è cruciale per interpretare il quadro attuale. L’Italia ha avuto interessi nella zona, e ciò ha avuto un impatto su varie dinamiche regionali. Rivisitare questi momenti chiave ci permette di gettare luce sulle influenze che ancora oggi si riflettono nella politica, nell’economia e nelle dinamiche sociali del Corno d’Africa.

In sintesi, la storia è il fondamento su cui poggiano le comprensioni presenti. Esplorare la storia dell’interazione tra Italia e Corno d’Africa può aiutarci a decifrare meglio il contesto in cui si inseriscono personaggi come Tedros Adhanom Ghebreyesus e gli avvenimenti globali che stanno plasmando il mondo di oggi.

Storia Come Fondamento della Comprensione Attuale

Esplorare la storia ci consente di comprenderne le ragioni sottostanti, gettando luce sul perché figure come Tedros Adhanom Ghebreyesus, Abdullah M. Assiri, copresidente del gruppo di lavoro dell’OMSa, il dott.Ashley Bloomfield, ex direttore generale della sanità della Nuova Zelanda, occupino le posizioni che ricoprono oggi come  presidenti  del gruppo di lavoro OMS per la revisione del nuovo regolamento sanitatio internazionale .

Tedros Adhanom Ghebreyesus, con le sue radici nel Corno d’Africa, rappresenta un legame con una regione di importanza strategica, coinvolta in dinamiche complesse che hanno attirato l’attenzione di molte nazioni.

l dott. Ashley Bloomfield, ex direttore generale della sanità in Nuova Zelanda, è stato coinvolto per la sua esperienza nel guidare una risposta efficace alla pandemia, contribuendo a condividere le migliori pratiche.

l Dott. Abdullah Mufarrih Assiri co presidente della commissione di revisioone del RIS

 Mentre i co-presidenti Colin McIff degli Stati Uniti e l’ambasciatore Grata Endah Werdaningtyas dell’Indonesia, così come i vicepresidenti Dr. Ala Alwan (Iraq), Dr. Malebogo Kebabonye (Botswana), Dr. Lyn James (Singapore) e Ambasciatore François Rivasseau (Francia),  lavorano insieme  nella commisione dell WGPR . 

 Ma vediamo un po’ più da vicino chi sono queste persone che stanno lavorando per la nostra salute

 Cominciamo da Abdullah bin Abdulaziz Al Rabeeah  vice presidente della commissione del RIS

Abdullah Assiri

 

 

Abdullah M Assiri è viceministro aggiunto per la salute preventiva nel Regno dell’Arabia Saudita. È anche consulente in medicina interna e malattie infettive presso il King Fahad Medical City di Riyadh. Tra le precedenti posizioni ricoperte dal dottor Assiri figurano quella di Direttore generale per la prevenzione e il controllo delle infezioni presso il Ministero della Salute e quella di Consulente del Ministero della Salute. È stato anche consulente in medicina interna e malattie infettive per le forze armate e la guardia nazionale. Il dottor Assiri è stato in passato borsista clinico presso la divisione di malattie infettive della Dalhousie University di Halifax, in Canada. Ha inoltre lavorato come consulente aggiunto presso il Dipartimento di Medicina del King Faisal Specialist Hospital di Gedda.

Assiri ha conseguito il suo MBBS nel 1994 presso il College of Medicine di Abha, affiliato alla King Saud University.

Ha iniziato la sua carriera medica come residente nel dipartimento di medicina presso il King Faisal Specialist Hospital and Research Center di Riyadh e vi è rimasto fino al 1999 prima di trasferirsi nella filiale di Jeddah. Ha lavorato a Jeddah come assistente consulente per un anno. Dal 2003 al 2006, Assiri ha lavorato come internista, consulente in malattie infettive degli adulti ed epidemiologo ospedaliero presso l’Ospedale della Guardia Nazionale King Abdul Aziz nella provincia orientale. Durante questo periodo, ha anche intrapreso una borsa di studio in malattie infettive degli adulti presso la Dalhousie University, Halifax, Canada.

Assiri è stato trasferito nel sud del Regno nel 2006 per lavorare presso l’ospedale militare della regione.

Successivamente, è entrato a far parte della King Fahd Medical City a Riyadh. Nel 2011 è stato nominato direttore dell’amministrazione per la prevenzione e il controllo delle infezioni presso il Ministero della Salute. Divenne anche consigliere del viceministro della sanità pubblica. I campi di concentrazione professionale di Assiri comprendono le malattie infettive, il controllo delle infezioni, la sanità pubblica e l’epidemiologia. Fa parte dei comitati nazionali sull’AIDS, sull’immunizzazione, sulla tubercolosi e sui servizi nazionali di decontaminazione, nonché del comitato scientifico per la conferenza internazionale sulle riunioni di massa

I campi di specializzazione professionale del dottor Assiri comprendono le malattie infettive, il controllo delle infezioni, la salute pubblica e l’epidemiologia. Altre attività e posizioni professionali attuali del dott. Assiri includono la nomina a Fellow dell’American College of Physicians, professore associato aggiunto del Dipartimento Hubert di Salute Globale presso la Emory University.

Il dottor Abdullah Mufarrih Assiri, copresidente del gruppo di lavoro dell’OMS,  parlando  del  Regolamento  Internzinale Sanitario  (RIS), ha sottolineato l’importanza di dare priorità alle misure che possono limitare le libertà individuali come parte di una strategia per affrontare le sfide poste dalle pandemie. Questa dichiarazione è stata fatta nel contesto dei processi guidati dagli Stati membri volti a rafforzare la prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie, come delineato in un evento dell’OMS intitolato “Il mondo insieme” nel maggio 2023.

Le osservazioni del dott. Assiri riflettono il complesso gioco di equilibri che le autorità sanitarie devono affrontare durante le pandemie.

 

Sebbene la salvaguardia delle libertà individuali sia fondamentale, può essere necessario attuare alcune restrizioni o misure per contenere la diffusione delle malattie infettive e proteggere la salute pubblica. Queste misure comportano tipicamente quarantena, isolamento, restrizioni ai viaggi e campagne di vaccinazione, tra le altre cose. L’obiettivo è trovare un equilibrio tra la tutela dei diritti individuali e la salvaguardia della salute pubblica, che può essere un compito impegnativo di fronte a una crisi sanitaria globale come una pandemia.

È importante considerare il contesto specifico e le raccomandazioni del gruppo di lavoro dell’OMS quando si valutano le implicazioni della definizione delle priorità di tali misure, poiché questo approccio deve essere basato su prove ed etica per affrontare efficacemente le pandemie.

 

Ciò che suscita perplessità è che tali affermazioni provengano da un ministro dell’Arabia Saudita.

Per comprendere appieno questa situazione, esaminiamo più da vicino questo paese.

‘Arabia Saudita è un paese situato in Asia occidentale ed è il più grande Stato arabo per superficie, con una estensione di circa 2,15 milioni di chilometri quadrati. Condivide i suoi confini con l’Iraq, la Giordania, il Kuwait, l’Oman, il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti, lo Yemen, il mar Rosso e il Golfo Persico. La sua capitale è Riad.

Fondata nel 1932 da ʿAbd al-ʿAzīz b. Saʿūd, l’Arabia Saudita è una monarchia assoluta islamica che segue rigorosamente i principi dell’Islam in materia di successione al potere. Questo paese è considerato il luogo di nascita dell’Islam ed è talvolta chiamato “la terra delle due sacre moschee” in riferimento all’al-Masjid al-Ḥaram a Mecca e all’al-Masjid al-Nabawī a Medina, che sono i due luoghi più sacri dell’Islam.

L’Arabia Saudita è il 13º paese più grande del mondo in termini di estensione territoriale. La sua geografia è varia, spaziando dal deserto umido della Tihama, situato al livello del mar Rosso, fino alla catena montuosa del Jabal al-Hijaz, che attraversa la penisola in direzione ovest.

L’Arabia Saudita è uno dei paesi più grandi e influenti del Medio Oriente, e le sue relazioni con i vicini possono variare a seconda delle circostanze e degli interessi regionali. Ecco alcuni punti chiave:

  1. >: L’Arabia Saudita è coinvolta nella guerra in Yemen dal 2015, in cui sostiene il governo yemenita riconosciuto a livello internazionale contro i ribelli houthi. Questi ribelli sono sostenuti dall’Iran, un rivale regionale dell’Arabia Saudita. La guerra in Yemen ha creato tensioni significative tra l’Arabia Saudita e l’Iran, e ha anche influenzato le relazioni con altri attori regionali.
  2. Relazioni con l’Iran: L’Arabia Saudita e l’Iran sono rivali storici nel contesto del conflitto sunnita-sciita che attraversa il Medio Oriente. Questa rivalità ha avuto un impatto significativo sulla politica regionale e ha alimentato conflitti in paesi come lo Yemen, la Siria e l’Iraq.
  3. Relazioni regionali complesse: L’Arabia Saudita ha relazioni complesse con altri paesi del Golfo Persico. Mentre condivide obiettivi comuni di sicurezza con alcuni paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC), come gli Emirati Arabi Uniti, ha avuto tensioni occasionali con il Qatar e l’Oman su questioni politiche regionali.
  4. Relazioni con paesi occidentali: L’Arabia Saudita ha relazioni strategiche con paesi occidentali, in particolare gli Stati Uniti, ma queste relazioni sono state oggetto di critiche internazionali a causa di questioni legate ai diritti umani e ad altre preoccupazioni. Le tensioni occasionali con i paesi occidentali possono influenzare la politica estera dell’Arabia Saudita.

In sintesi, l’Arabia Saudita è coinvolta in una serie di relazioni e conflitti complessi nella regione del Medio Oriente. Le sue relazioni con l’Iran e il coinvolgimento nella guerra in Yemen sono due dei principali fattori che contribuiscono a queste dinamiche regionali complesse crisi del Golfo.

L’Arabia Saudita è uno dei paesi che fa parte di un gruppo chiamato Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC). Questo gruppo è formato da sei nazioni che si trovano nella regione del Golfo Persico, nella penisola arabica. I membri iniziali del GCC sono:

  • Arabia Saudita
  • Bahrein
  • Kuwait
  • Oman
  • Qatar
  • Emirati Arabi Uniti (EAU)

Il GCC ha l’obiettivo principale di aiutare questi paesi a lavorare insieme su questioni economiche e politiche importanti per la loro regione, che è ricca di petrolio e gas. Tuttavia, nel corso degli anni, ci sono stati momenti in cui alcuni membri del GCC non sono stati d’accordo e hanno avuto problemi tra di loro.

nel 2017 c’ è stata la  crisi del Golfo, una situazione complicata in cui l’Arabia Saudita, Bahrein, gli Emirati Arabi Uniti (EAU) ed l’Egitto hanno rotto le relazioni diplomatiche con il Qatar e hanno adottato diverse misure punitive contro il paese. Le ragioni principali di questa crisi includono accuse di supporto al terrorismo e legami stretti con l’Iran da parte del Qatar. Queste azioni hanno avuto conseguenze significative sulla regione.

Nel corso della crisi del Golfo del 2017, Arabia Saudita, e gli altri,  hanno avanzato accuse contro il Qatar riguardo al sostegno al terrorismo e al finanziamento di gruppi estremisti. Non è stato specificato chiaramente a chi si riferissero in termini di gruppi o individui specifici, ma ci sono state accuse generali riguardo al supporto qatariota a organizzazioni considerate terroristiche o estremiste.

Alcune delle organizzazioni e gruppi citati o implicati nelle accuse includono:

  1. Frattura con gruppi estremisti: I paesi che hanno imposto il blocco hanno sostenuto che il Qatar aveva relazioni troppo strette con gruppi estremisti e terroristici nella regione, compresi i Fratelli Musulmani, Hamas (il gruppo palestinese che controlla la Striscia di Gaza), e alcune fazioni armate in Libia e in altre zone.
  2. Finanziamento di gruppi armati: Si è sospettato che il Qatar avesse fornito sostegno finanziario a vari gruppi armati e ribelli in Siria, compresi alcuni gruppi considerati estremisti.
  3. Trasmissioni mediatiche: I paesi del blocco hanno richiesto la chiusura di Al Jazeera, un noto canale televisivo con sede in Qatar, affermando che diffondeva propaganda estremista e sostenendo che alimentava le tensioni regionali.
  4. Legami con l’Iran: È stata espressa preoccupazione riguardo ai legami del Qatar con l’Iran, un rivale regionale dell’Arabia Saudita e degli altri paesi del GCC, a causa delle posizioni divergenti dei due paesi su varie questioni regionali.

È importante sottolineare che il Qatar ha negato queste accuse e ha sostenuto che il blocco è stato un tentativo di minare la sua sovranità e limitare la sua indipendenza politica. La crisi del Golfo del 2017 è stata caratterizzata da una serie di tensioni geopolitiche complesse nella regione del Golfo Persico

 

Guerra in Yemen

 

L’inizio del conflitto in Yemen è comunemente associato al 26 marzo 2015, quando la Coalizione araba, guidata dall’Arabia Saudita, ha iniziato a bombardare le aree controllate dai ribelli houthi, noti anche come Ansar Allah, sostenuti dall’Iran. Questi ribelli sciiti zaiditi avevano preso il controllo della capitale, Sana’a, nel gennaio 2015. Tuttavia, il conflitto del 2015 è solo uno dei tanti capitoli di una lunga serie di crisi e scontri che hanno segnato la storia dello Yemen, che era già il paese più povero del Medio Oriente e dell’Africa del Nord (MENA) prima dell’unificazione tra nord e sud avvenuta nel 1990.

 

L’unificazione, però, non è stata vista in modo positivo dalle regioni meridionali dello Yemen.

Molte persone nel sud lo hanno percepito come un’annessione da parte del nord. Ali Abdullah Saleh, che era già stato presidente della Repubblica Araba dello Yemen (conosciuto come “Yemen del nord”) dal 1978, è diventato presidente anche del nuovo Yemen unito. Ha esteso il sistema di potere politico, economico e sociale precedentemente concentrato nel nord del paese al resto dello Yemen. Di conseguenza, gli yemeniti del sud sono stati emarginati dalla politica, dai posti di lavoro pubblici, dall’esercito e dalla distribuzione delle risorse terrestri ed energetiche, nonostante la maggior parte delle riserve di petrolio e gas fosse situata nel sud. Questo ha portato a una guerra civile nel 1994 tra nordisti e sudisti, che si è conclusa con la vittoria del nord e il rafforzamento del potere di Saleh.

Tuttavia, l’unità dello Yemen è stata minacciata anche da altre sfide

Le regioni periferiche, spesso trascurate dalle istituzioni centrali, hanno iniziato a sfidare il potere centrale. Nella regione estrema settentrionale di Sa’ada, vicino al confine con l’Arabia Saudita, i ribelli houthi, che sono gli eredi politici dell’imamato sciita zaidita che governava il nord dello Yemen fino al 1962, hanno iniziato una ribellione gradualmente avanzando verso Sana’a, chiedendo autonomia religiosa e politica. Nel sud, l’esclusione politica e sociale ha alimentato movimenti autonomisti e persino secessionisti, come il Movimento Meridionale creato nel 2007.

Nonostante la maggioranza della popolazione del sud sia di fede sunnita, le regioni meridionali sono molto diverse tra loro per risorse, identità, influenze esterne e obiettivi politici.

Nel 1986, quando esisteva ancora la Repubblica Democratica Popolare dello Yemen (PDRY), di orientamento socialista, si è verificata una violenta guerra civile tra sudisti. Anche Saleh, che è stato l’uomo forte dello Yemen per oltre tre decenni, non è mai riuscito a controllare completamente l’intero territorio. La sua leadership si basava su complesse alleanze tribali, e spesso i capi tribù, che erano sia politici che uomini d’affari, insieme alle milizie tribali, garantivano la governance locale e i servizi in modo informale, sostituendo di fatto lo stato centrale

 

Il conflitto in Yemen, che si protrae da sette anni, non riguarda solamente dispute regionali tra i paesi della penisola arabica. Coinvolge anche attori internazionali di rilievo e superpotenze globali, ciascuno con i propri interessi e obiettivi.

 

 

Stati Uniti: Gli Stati Uniti hanno un interesse primario in Yemen nel contrastare i gruppi jihadisti, in particolare Al-Qaeda nella Penisola Arabica (Aqap).

Nel 2021, la National Intelligence USA ha confermato che Aqap rappresenta una delle principali minacce alla sicurezza nazionale americana. Questo impegno è evidenziato dalle continue campagne di bombardamento con droni, iniziate nel 2002. Dal 2015, gli Stati Uniti hanno sostenuto l’intervento della Coalizione Saudita contro gli houthi, fornendo assistenza logistica e intelligence. Tuttavia, nel 2021, il presidente Joe Biden ha annunciato la fine del sostegno americano alle operazioni offensive in Yemen, ad eccezione di quelle dirette contro Aqap. La situazione in Yemen è anche legata ai rapporti tra gli Stati Uniti e l’Iran, complicando la diplomazia in corso.

 

Unione europea: L’Unione europea (UE) ha principalmente concentrato il suo ruolo in Yemen sulla diplomazia umanitaria e sull’assistenza allo sviluppo.

Tra i paesi europei, il Regno Unito ha giocato un ruolo più attivo, anche a causa dei suoi legami storici con il sud dello Yemen e del suo rafforzamento delle relazioni nella regione del Golfo dopo la Brexit. Altri paesi europei, tra cui Danimarca, Germania, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia e Italia, hanno partecipato alla missione civile di monitoraggio del cessate il fuoco a Hodeida (United Mission to support the Hodeidah Agreement, Unmha) dal 2019. La crescente interconnessione tra le dinamiche del Mar Rosso-Bab el-Mandeb e quelle del Mar Mediterraneo ha portato lo Yemen a essere considerato un punto cruciale nell’interesse europeo.

 

Russia: La Russia ha mantenuto relazioni con tutti gli attori yemeniti sin dal 2015.

 

Riconosce la presidenza di Hadi e il governo a Aden, ma mantiene contatti anche con gli houthi. Nel 2015, la Russia si è astenuta dal voto sulla Risoluzione ONU n. 2216, chiedendo un cessate il fuoco da parte di tutte le parti coinvolte nel conflitto, non solo gli insorti sciiti. Inoltre, ha mantenuto un’ambasciata nella Sana’a occupata fino alla fine del 2017. La Russia ha anche buone relazioni con i secessionisti del Southern Transitional Council (STC) e con il gruppo di Tareq Saleh. Dal punto di vista geopolitico, la Russia ha rapporti positivi con tutti gli attori regionali coinvolti in Yemen, tra cui l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi e l’Iran. La Russia può vantare legami storici con lo Yemen, che ospitava una base militare sovietica ad Aden durante gli anni della Repubblica Democratica Popolare dello Yemen (PDRY). La Russia è oggi in grado di sfruttare diverse leve diplomatiche e strategiche in (e attraverso) lo Yemen, soprattutto considerando l’importanza crescente del quadrante del Mar Rosso-Corno d’Africa.

 

Cina: Anche la Cina ha mantenuto una posizione neutrale nei confronti delle parti in conflitto, sottolineando l’importanza della preservazione della sovranità dello Yemen.

Come la Russia, la Cina ha interessi economico-commerciali significativi nella regione, con particolare attenzione alle rotte marittime della Via della Seta che passano attraverso le coste yemenite. Queste rotte collegano l’Oceano Indiano, il Mar Rosso e il Mediterraneo, e la Cina ha stabilito la sua prima base militare all’estero a Gibuti, di fronte allo Yemen, per proteggere tali interessi. La Cina importa una quantità considerevole di petrolio dallo Yemen, rendendo la stabilità del paese cruciale per i suoi approvvigionamenti energetici. Nel 2019, l’export petrolifero yemenita è aumentato del 40% rispetto all’anno precedente, con la Cina come principale destinatario. Pertanto, la Cina ha un forte interesse nella stabilità dello Yemen e nel mantenimento delle rotte marittime chiave per il commercio

 

 Certo. suona strano che tutte queste Super Potenzr invochino la pace.

 

Le superpotenze e altri paesi hanno interessi economici nel commercio delle armi. La vendita di armi è un settore economico significativo che genera profitti considerevoli per le industrie belliche. Pertanto, questi paesi spesso vedono la vendita di armi come un’opportunità per sostenere l’occupazione interna e promuovere gli interessi economici delle loro industrie belliche. e tutti complesa lItalia hanno venduto armi alle varie fazioni.

Ma naturalmente! L’Arabia Saudita, il luogo dove le violazioni dei diritti umani sono una sorta di passatempo, il paese che potrebbe vincere il premio per “Miglior Rappresentazione di Abusi dei Diritti Umani”. Nel  rapporto del 2022-2023  di Amnesty International , l’Arabia Saudita si è davvero superata con una lista così lunga di reati contro la persona umana che sembra quasi una lista della spesa.

Sì, perché quando si tratta di trattare la sua popolazione con disprezzo, l’Arabia Saudita non si accontenta mai del minimo sindacale. Hanno una vera passione per le esecuzioni sommarie, una predilezione per reprimere qualsiasi voce critica e un tocco speciale nell’ignorare i diritti fondamentali delle donne.

Vediamo nel dettaglio

Il 27 settembre del 2022, re Salman ha preso una decisione sorprendente, nominando il principe ereditario Mohammed bin Salman come primo ministro, un incarico che in precedenza era prerogativa del re stesso, grazie a un’eccezione alla legge fondamentale saudita sulla governance.

A marzo, i rappresentanti del Parlamento europeo hanno alzato la voce, pubblicando una dichiarazione critica sulla situazione dei diritti umani in Arabia Saudita. Hanno condannato fermamente l’esecuzione di massa avvenuta il 12 marzo e hanno fatto appello al paese affinché istituisse immediatamente una moratoria sulle esecuzioni.

A luglio, il presidente statunitense Joe Biden ha fatto una visita ufficiale all’Arabia Saudita. Tuttavia, nonostante l’occasione, durante il mese è stato pubblicato il cosiddetto “Comunicato di Gedda,” una dichiarazione congiunta che ha delineato la partnership strategica tra i due paesi. Sorprendentemente, il comunicato non ha fatto menzione del delicato tema dei diritti umani.

Il 6 novembre, nella capitale Riyadh, si è tenuto il secondo dialogo sui diritti umani tra l’Arabia Saudita e l’Unione europea. Durante l’incontro, l’Unione europea ha espresso preoccupazione per il drammatico aumento delle esecuzioni, le restrizioni alla libertà di riunione e associazione, e l’uso frequente dei divieti di viaggio.

Nel frattempo, la coalizione guidata dall’Arabia Saudita impegnata nel conflitto in Yemen ha continuato ad essere coinvolta in accuse di crimini di guerra e gravi violazioni del diritto internazionale, una situazione che ha messo in luce ulteriormente il complesso scenario dei diritti umani nella regione

La corte penale specializzata (Specialized Criminal Court – Scc) ha pronunciato verdetto di colpevolezza per almeno 15 individui, cittadini sauditi e stranieri, condannandoli a pene detentive che variano dai 15 ai 45 anni di carcere. Queste condanne sono state il risultato di processi profondamente viziati, poiché le persone coinvolte stavano esercitando pacificamente la loro libertà di espressione e associazione, incluso l’uso di Twitter per condividere opinioni e idee. Sorprendentemente, l’Scc ha emesso pene detentive incredibilmente lunghe anche per due attiviste per i diritti delle donne.

Inoltre, sia l’Scc che altre corti hanno continuato a imporre restrizioni ai diritti delle persone scarcerate dopo aver scontato le loro pene, inclusi divieti di viaggio e la chiusura dei loro account sui social media.

Ad esempio, durante un’udienza d’appello il 9 agosto, l’Scc ha condannato Salma al-Shehab, una dottoranda e attivista, a 34 anni di carcere e le ha imposto un divieto di viaggio per altri 34 anni. Questa decisione è stata presa a causa dei suoi scritti e delle sue attività pacifiche su Twitter a sostegno dei diritti delle donne in Arabia Saudita. La pena è stata persino aumentata dopo che inizialmente era stata condannata a sei anni di carcere. Questo inasprimento della condanna è stato giustificato con l’accusa di “aver turbato l’ordine pubblico e destabilizzato la sicurezza e la stabilità dello stato” attraverso i suoi tweet.

In un processo incredibilmente ingiusto, il 11 ottobre, l’Scc ha condannato 10 uomini nubiani egiziani a pene detentive che variano dai 10 ai 18 anni di carcere. Queste condanne sono state il risultato del loro coinvolgimento in un pacifico evento commemorativo. Sorprendentemente, questi uomini avevano già trascorso più di due anni in detenzione preventiva arbitraria.

Il panorama per i difensori dei diritti umani è stato altrettanto difficile. Alcuni di loro sono stati arbitrariamente detenuti, condannati in processi gravemente iniqui o costretti al silenzio dopo essere stati rilasciati condizionalmente. Molti hanno ricevuto divieti di viaggio, restrizioni sulla libertà di espressione e associazione, e sono stati impedite loro l’attività di difesa dei diritti umani. Queste azioni costituiscono una chiara violazione dei diritti fondamentali, inclusi quelli alla libertà di espressione, associazione, riunione pacifica e movimento

 

Difensori dei Diritti Umani e Il Problema Delle Organizzazioni

Le organizzazioni per i diritti umani rimangono proibite in Arabia Saudita in base alla legge sulle associazioni. I difensori dei diritti umani e gli attivisti continuano ad essere arrestati in modo arbitrario, detenuti in condizioni precarie o soggetti a restrizioni ingiustificate che limitano la loro libertà di movimento. Molti di loro continuano a scontare lunghe pene detentive semplicemente a causa del loro impegno nella difesa dei diritti umani.

Ad esempio, a marzo, Raif Badawi, un blogger e attivista, è stato rilasciato con la condizionale dopo aver trascorso 10 anni di carcere per aver creato un forum di discussione pubblica online, per il quale è stato accusato di aver insultato l’Islam. Tuttavia, al momento del suo rilascio, è stato colpito da un divieto di viaggio della durata di 10 anni.

Anche Mohammad al-Qahtani, un difensore dei diritti umani e membro fondatore dell’Associazione Saudita per i Diritti Civili e Politici, ha subito gravi restrizioni. Da ottobre in poi, non è stato autorizzato a comunicare con la sua famiglia, ed è stato oggetto di un’aggressione da parte di un altro detenuto che soffriva di problemi di salute mentale.

La Pena di Morte e i Processi Iniqui

Le autorità saudite hanno continuato a emettere nuove condanne a morte ed eseguire esecuzioni di persone condannate per reati come omicidio, rapina, stupro, traffico di droga e reati legati al terrorismo, in seguito a processi giudiziari estremamente iniqui.

Nonostante le affermazioni precedenti della commissione per i diritti umani saudita riguardo alla cessazione delle esecuzioni per reati commessi da minorenni, tra giugno e ottobre, l’Scc e un altro tribunale penale hanno confermato condanne a morte per tre giovani che, al momento del reato, erano ancora minorenni.

Una delle più grandi esecuzioni di massa degli ultimi decenni è avvenuta il 15 marzo, quando 81 uomini, cittadini sauditi e stranieri, sono stati giustiziati. Questi individui erano stati condannati per una vasta gamma di reati, tra cui reati legati al terrorismo, omicidi, rapine armate e traffico di droga. Sorprendentemente, alcuni di loro sono stati giustiziati per atti che dovrebbero essere protetti come la libertà di espressione, la partecipazione a proteste pacifiche e l’incitamento a tali proteste. Inoltre, 41 dei giustiziati erano membri della minoranza sciita in Arabia Saudita.

A novembre, le autorità hanno giustiziato 20 persone per reati legati alla droga, un fatto senza precedenti da gennaio 2021, quando la commissione per i diritti umani saudita aveva annunciato una moratoria sulle esecuzioni per reati di droga.

I Processi Iniqui

In aprile el 2022, la Corte Suprema ha confermato condanne a morte per due cittadini sciiti del Bahrain, accusati di “terrorismo” e reati legati alle proteste. Queste persone erano state arrestate nell’8 maggio 2015, e per tre mesi e mezzo erano state tenute in isolamento senza possibilità di comunicare. A ottobre 2021, l’Scc aveva emesso condanne a morte in seguito a processi profondamente iniqui. Il destino di queste persone rimane incerto, ma sono a rischio di esecuzione se il re ratificherà le loro condanne.

A marzo, Abdullah al-Huwaiti, arrestato a soli 14 anni, è stato condannato a morte per la seconda volta dalla Corte Penale di Tabuk. Questo è accaduto dopo che la Corte Suprema aveva annullato una precedente condanna a morte nel novembre 2021, relativa a fatti accaduti nell’ottobre 2019. Durante la sua detenzione, Abdullah al-Huwaiti è stato tenuto in isolamento, gli è stato impedito di avere accesso a un avvocato ed è stato costretto a fare “confessioni” sotto coercizione. Le accuse contro di lui includevano rapina a mano armata e omicidio di un agente di sicurezza.

Un Piano Senza Consultazione

Dall’inizio del 2022 fino ad ottobre, le autorità saudite hanno sottoposto migliaia di residenti, tra cui cittadini stranieri, a sgomberi forzati nella città di Gedda, nell’ambito di un massiccio programma di demolizione e sgombero correlato allo sviluppo urbano. La notizia del piano di indennizzo è stata annunciata il 31 gennaio da un organo di stampa allineato alle autorità statali. Sorprendentemente, gli stranieri sono stati esclusi dal piano di indennizzo, il quale era destinato ai cittadini sauditi, che costituivano circa il 47 per cento delle persone sgomberate. Ai residenti è stato concesso un preavviso variabile, da un solo giorno fino a sei settimane. Il progetto nel suo complesso era stato pianificato quasi tre anni prima, ma le autorità hanno agito senza condurre una consultazione adeguata con i residenti, senza annunciare l’ammontare delle indennità o senza risarcire i residenti prima di procedere alle demolizioni.

Limitazioni per i Lavoratori Domestici

A luglio del 2022, in un tentativo limitato di riformare il sistema di sponsorizzazione del lavoro noto come “kafala”, il Ministero delle Risorse Umane e dello Sviluppo Sociale ha annunciato due nuove condizioni che avrebbero permesso ai lavoratori domestici di cambiare lavoro senza ottenere il permesso del loro attuale datore di lavoro: se il lavoratore terminava il contratto durante il periodo di prova o se fosse stato dimostrato che i servizi forniti dal lavoratore erano stati trasferiti a un altro datore di lavoro senza il consenso di quello precedente. Tuttavia, queste nuove condizioni non hanno protetto i lavoratori domestici migranti da altri abusi che continuavano a subire, come abusi verbali e fisici, il sequestro dei loro passaporti e il mancato pagamento o il pagamento irregolare dei salari.

I lavoratori domestici migranti sono ancora esclusi dalle tutele previste dallo statuto dei lavoratori del paese.

Le autorità hanno intensificato la loro azione contro coloro accusati di aver violato le leggi sulla permanenza, la sicurezza delle frontiere e il lavoro, con un’ondata di arresti arbitrari e il rimpatrio di decine di migliaia di migranti eritrei, basandosi unicamente sul loro status di immigrazione irregolare (vedi sotto, Tortura e altri maltrattamenti).

Secondo il Ministero dell’Interno, tra gennaio e novembre sono stati espulsi nei rispettivi paesi d’origine almeno 479.000 cittadini stranieri su 678.000 arrestati per violazione delle leggi sul lavoro, del permesso di soggiorno e della sicurezza delle frontiere. Nello stesso periodo, 14.511 cittadini stranieri, principalmente etiopi e yemeniti, sono stati arrestati per essere entrati illegalmente in Arabia Saudita dallo Yemen.

Trattamento Inumano per i Detenuti

Le autorità saudite hanno detenuto arbitrariamente uomini, donne e bambini etiopi in condizioni inumane per periodi fino a 18 mesi, e li hanno sottoposti a torture e altri maltrattamenti prima di rimpatriarli in Etiopia, la maggior parte di essi tra aprile e maggio. Questa azione è avvenuta unicamente a causa del loro status di immigrazione irregolare. Questi individui sono stati trattenuti in celle sovraffollate, senza un adeguato accesso a cibo, acqua, servizi igienici e assistenza medica, in due centri di detenzione prima di essere espulsi. Almeno 12 uomini sono morti come risultato di queste condizioni disumane.

 Nuove Leggi che Mantengono la Discriminazione

A marzo el 2022, il Consiglio dei Ministri ha approvato una nuova legge sullo status personale, entrata in vigore a giugno. Questa nuova norma, precedentemente non codificata, consente la discriminazione contro le donne, mantenendo il sistema di tutela maschile. In base a questa legge, solo gli uomini possono agire come tutori legali, le donne devono ottenere il permesso di un tutore maschile per sposarsi, costringendole a obbedire ai loro mariti. Inoltre, questa legge non riconosce pari diritti alle donne e agli uomini in caso di separazione, poiché la madre ottiene automaticamente la custodia, mentre il padre è designato come tutore legale del bambino senza considerare adeguatamente l’interesse del minore

 

 Quidi capite bene che  sentir dire  al co-presidente del gruppo di lavoro dell’OMS  di limitare le libertà individuali come se fosse la cosa più normale del mondo!

Un po’ inquieta , è proprio quello che tutti stavamo aspettando: un esperto che ci dica che dobbiamo rinunciare alle nostre libertà in nome della “strategia”. Non c’è nulla di meglio che sentirsi dire che le nostre libertà individuali sono sacrificabili quando si tratta di affrontare una pandemia. Davvero rassicurante!

 

Il Dott. Ashley Bloomfield: Icona della SanitàNeozelandese ,  il Che Guevara del Covid

 

Ashley Robin Bloomfield , nato nel marzo 1966, è un eminente professionista della sanità pubblica neozelandese con un percorso di carriera notevole. Dopo aver completato diversi anni di servizio clinico, si è specializzato nella medicina della sanità pubblica nel 1996, concentrandosi in particolare sulle malattie non trasmissibili. Nel 1997, ha conseguito il titolo di Master in Sanità Pubblica con lode presso l’Università di Auckland.

Nel corso della sua carriera, Bloomfield ha svolto ruoli di grande responsabilità.

Tra il 2004 e il 2006, è stato direttore ad interim della sanità pubblica presso il Ministero della Salute, mentre dal 2006 al 2010 è stato il principale consulente per la sanità pubblica del ministero. Dalla fine del 2010 alla fine del 2011, ha lavorato presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità a Ginevra, concentrandosi sulla prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili a livello globale.

Successivamente, dal 2012 al 2015, ha ricoperto ruoli di rilievo nei consigli sanitari distrettuali di Capital & Coast District, Hutt Valley e Wairarapa.

Dal 2015 al 2018, è stato amministratore delegato dell’Hutt Valley District Health Board. Nella prima metà del 2018, ha ricoperto il ruolo di amministratore delegato ad interim presso il Capital & Coast District Health Board, prima di essere nominato amministratore delegato del Ministero della Salute e Direttore Generale della Sanità del Paese il 11 giugno 2018. Inoltre, durante il suo mandato come amministratore delegato del ministero, ha partecipato a un programma di leadership presso la Saïd Business School dell’Università di Oxford.

La sua professionalità è stata ampiamente elogiata dai colleghi, che lo descrivono come una persona misurata, metodica, calma e sensibile.

Bloomfield è diventato un personaggio noto in Nuova Zelanda, spesso considerato un eroe della sanità per il suo ruolo cruciale durante la pandemia di COVID-19. La sua popolarità è tale che ha persino sviluppato un seguito di culto, con pagine sui social media e persino tatuaggi in suo onore.

Nel novembre 2020, Bloomfield è stato riconosciuto come uno degli uomini meglio vestiti in Nuova Zelanda, mentre nell’agosto 2021 ha chiesto scusa al comitato ristretto per la salute del parlamento neozelandese per aver fornito informazioni errate su un lavoratore delle Nazioni Unite delle Fiji in relazione al COVID-19.

 

 

A partire dall’aprile 2022, ha annunciato le sue dimissioni dalla carica di direttore generale della sanità, che sarebbero state effettive il 29 luglio 2022.

Dopo il suo mandato, si prevede che diventerà il primo professore del nuovo Public Policy Impact Institute presso la Facoltà di Medicina e Scienze della Salute dell’Università di Auckland.

Inoltre, Bloomfield è stato insignito del titolo di Cavaliere Compagno dell’Ordine al Merito della Nuova Zelanda nel 2023 New Year Honours, in riconoscimento dei suoi straordinari contributi alla salute pubblica.

Ashley Robin Bloomfield è stato celebrato in Nuova Zelanda come un eroe nazionale e un’icona pop durante la pandemia di COVID-19, spesso paragonato a Che Guevara.

 

Tuttavia, non tutti sono concordi su questa rappresentazione, poiché alcuni ritengono che non tutto ciò che luccica sia oro.

Bloomfield ha rifiutato l’esenzione dall’inoculazione a numerose persone con noti rischi legati al vaccino. Attualmente, presiede un organismo decisionale di portata globale che mira a influenzare le strategie sanitarie pubbliche nazionali per affrontare future pandemie. Questa situazione solleva legittime preoccupazioni. Il fatto che Bloomfield sia co-presidente dell’organismo dovrebbe   far suonare un campanello d’allarm e destare l’attenzione dei neozelandesi  e del mondoe.

Durante la pandemia di COVID-19, Bloomfield ha guidato una delle risposte più rigorose a livello globale, un fatto che gli è valso il titolo di cavaliere.

È stato direttamente responsabile di respingere richieste di esenzione dall’iniezione COVID-19, comprese quelle provenienti da individui gravemente colpiti, anche da effetti avversi, che cercavano un’eccezione per ulteriori somministrazioni del vaccino

Nel settembre 2021, le dichiarazioni ufficiali indicavano che in Nuova Zelanda vi fossero meno di 100 persone che avrebbero potuto richiedere un’esenzione dalle vaccinazioni. Tuttavia, fin dall’inizio, le reazioni avverse al vaccino COVID-19 sono state notevolmente elevate, come evidenziato dai dati del sistema VAERS.

Recentemente, il Rapporto Hatchard ha diffuso una lettera aperta al Primo Ministro neozelandese, dichiarando quanto segue:

“Due pubblicazioni del Ministero della Salute stesso forniscono prove che all’interno del governo vi sia consapevolezza del fatto che il vaccino anti-COVID mRNA Pfizer non può essere considerato completamente sicuro ed efficace. Pertanto, da questo momento in poi, non vi è alcuna difesa legale credibile che il governo possa avanzare per giustificare la sua incapacità di informare in modo aperto la popolazione e il pubblico in generale riguardo ai rischi per la salute intrinseci connessi ai vaccini anti-COVID”.

 Tutto sommato il MInistro italiano Speranza è stato un dilettante.

 bene per oggi concludiamo qui ma non perdeti la prossima puntata in cui  continueremo a parlare di questi rappresentanti.

 

 

 

 

 

 

 

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